L’otto marzo e il mondo che vorrei
Ieri si celebrava la Giornata Internazionale della Donna. E’ stata una giornata di rivendicazioni ma fatico a considerarla una giornata di festa, se non per i colori e l’entusiasmo con cui migliaia di donne sono scese in piazza. L’otto marzo non è una festa. Non è una festa perché ancora dobbiamo combattere la violenza di genere. Non lo è perchè ancora la parità rimane troppo spesso sulla carta.
Ieri migliaia di donne in oltre 40 paesi del mondo hanno scioperato contro tutte le discriminazioni di genere quelle che ancora sopravvivono nelle realtà vicine e lontane e quelle che, lungi dall’essere superate, hanno assunto forme nuove.
In questo fiorire di notizie, rivendicazioni e manifestazioni non riesco a non pensare alle mie figlie e a mio figlio. Penso al mondo che vorrei, al mondo in cui vorrei vivessero insieme a tutti gli altri bambini, al mondo che spero trovino quando saranno grandi.
Vorrei un mondo senza l’otto marzo. Vorrei un mondo in cui non fosse necessario rivendicare la parità di diritti. Vorrei un mondo in cui questa parità sia semplicemente un dato di fatto.
Vorrei un mondo in cui il mondo dei media la smettesse di reiterare vecchi stereotipi, un mondo in cui si possa pubblicizzare un detersivo senza donne sempre perfette e sorridenti. Vorrei strade e senza cartelloni giganteschi con seni mastodontici usati per provare a vendere pneumatici.
Vorrei un mondo in cui una donna possa essere bella e intelligente allo stesso tempo. Vorrei un mondo in cui le donne fossero le prime a rinnegare questo schema. Vorrei un mondo in cui sia possibile focalizzarsi sui contenuti senza soffermarsi sull’estetica o sull’abbigliamento di chi li esprime. Vorrei un mondo in cui si possa essere considerate intelligenti senza dover rinunciare alla propria femminilità. Vorrei un mondo in cui la donna ha pari diritti e dignità senza dover apparire ad immagine e somiglianza di un uomo.
Vorrei un mondo in cui per insultare una donna non si usi il termine puttana in tutte le sue varianti. Vorrei un mondo in cui ci fosse anche parità d’insulto.
Vorrei un mondo con i fasciatoi anche in tutti i bagni degli uomini.
Vorrei un mondo in cui le mamme non domandassero se è giusto o meno regalare un bambolotto a un figlio e un auto radiocomandata alle figlie. Vorrei un mondo in cui i giocattoli fossero per tutti e questo fosse dato per acquisito.
Vorrei che le ditte costruttrici la smettessero di realizzare lo stesso gioco in versione maschile e femminile. Vorrei un mondo in cui il marketing si rendesse conto che i bambini non hanno bisogno di giochi azzurri e le bambine di quelli rosa. Vorrei che sciomparissero le bolle di sapone per femmine e quelle per maschi e si ritornasse alle vecchie bolle di sapone in contenitori di plastica anonimi.
Vorrei che le bambine potessero indossare vestiti fru fru senza che le loro mamme vengano accusate di reiterare stereotipi di genere. Vorrei che quelle stesse bambine possano usare il loro vestito fru fru per giocare con il galeone dei pirati. Vorrei che tutti capissero che quelle bambine sono in grado di indossare il vestito fru fru per una festa di compleanno, gli stivali di gomma per saltare nel fango e una comoda tuta da ginnastica per praticare il loro sport preferito, qualsiasi esso sia.
Vorrei un mondo in cui nessuna donna sia costretta a scegliere tra lavoro e famiglia a meno che non sia un suo desiderio dedicarsi interamente all’uno o all’altra.
Vorrei che le mamme che hanno scelto di dedicarsi per un po’ esclusivamente ai figli potessero rimettersi in gioco senza buttare nel cesso competenze ed esperienze acquisite con studio, fatica e dedizione.
Vorrei un mondo in cui si smetta di dire che i papà aiutano e gli uomini collaborano in casa. Vorrei un mondo in cui i lavori di cura fossero condivisi.
Vorrei un mondo in cui i papà che prendono l’allattamento non fossero casi da studiare.
Vorrei un mondo in cui le donne finissero di contrapporsi tra loro: vorrei un mondo senza donne con figli vs donne senza figli, senza mamme che lavorano vs mamme che non lavorano e così via.
Vorrei un mondo in cui la maternità sia una scelta e in cui scegliere di mettere al mondo un figlio, due, tre, cinque non si trasformi in un boomerang. Vorrei un mondo in cui scegliere se mandare un bambino al nido, affidarlo ai nonni o alla baby sitter possa essere frutto di convinzioni personali anche fantasiose ma non la conseguenza dell’assenza o dei costi esorbitanti dei servizi educativi.
Vorrei un mondo in cui tutte le donne possano partorire in sicurezza e dove, contemporaneamente, non ci sia spazio per la violenza ostetrica.
Vorrei un mondo in cui le donne non fossero più vittima di violenza o almeno non fossero più vittima di una violenza dettata da schemi che vogliono la donna possesso dell’uomo. Vorrei che davanti ad ogni vittima di questa violenza si smettesse di dire “era una brava ragazza” perchè il crimine resta lo stesso anche se chi viene ammazzata è una “cattiva ragazza”, qualunque cosa questo significhi.
Vorrei un mondo in cui non ci fosse più una donna a dire “se l’è cercata” davanti ad un altra donna vittima di stupro. Forse così la smetteranno anche gli uomini.
Vorrei un mondo in cui le quote rosa siano un lontano ricordo e le disparità salariali relegate a pratica tribale superata.
Tutte queste cose le vorrei per le mie figlie e per mio figlio. Non sono abbastanza ottimista da pensare che questo mondo sarà il loro mondo ma neppure così pessimista da non provare a mostrare loro che questo mondo è possibile.