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Scuola-casa: alle medie vorrei tornasse da sola

Scuola-casa: alle medie vorrei tornasse da sola

IMG_strisce pedonali

L’anno prossimo la Gnoma numero uno inizierà le scuole medie. E io vorrei che potesse tornare a casa senza essere scortata da me o da chi per me.

La notizia non è più freschissima: nel commentare una recente sentenza della corte di Cassazione la ministra Valeria Fedeli ha spiegato che esiste una legge che impone ai dirigenti scolastici di affidare i minori sotto i 14 anni ad un adulto, e dunque a noi genitori di andare a prenderli o di delegare qualcuno che lo faccia al posto nostro.

La questione coinvolge il reato di abbandono di minore (591 CP) e l’obbligo di vigilanza, i regolamenti d’istituto e la consuetudine delle liberatorie. Simona Malpezzi, responsabile scuola  del PD, ha da poco presentato una proposta di legge per consentire, al fine di favorirne la responsabilizzazione, l’uscita autonoma dei minori dai locali scolastici. Il testo, brevissimo, è stato postato sulla sua pagina facebook. 

Possiamo leggere come è andata finora su quasi tutti i quotidiani e probabilmente gli stessi ci informeranno sugli sviluppi futuri.  Non so se si arriverà ad una soluzione prima dell’inizio del nuovo anno scolastico ma so che vorrei che mia figlia potesse percorrere da sola il tratto casa-scuola-casa senza che questo faccia di noi dei potenziali fuorilegge.

Io andavo a scuola e tornavo a casa da sola già alle elementari, dalla terza se la memoria non mi tradisce. In realtà non andavo da sola ma senza la presenza di un adulto, visto che c’era sempre qualche altro bambino con cui percorrere quel tratto di strada. Facevano eccezione le sere invernali: quando, facevamo il “turno di sera” (in realtà era pomeriggio ma in Sardegna abbiamo una strana concezione delle fasi della giornata) i genitori, in alcuni casi accordandosi tra loro, ci venivano a prendere, forse per paura che la scarsa illuminazione rendesse pericoloso un tragitto che era pacifico potessimo compiere in autonomia alla luce del sole. Naturalmente a parità di condizioni andavo senza accompagnamento anche agli scout e a danza.

Per ora mia figlia è andata due volte da sola a comprare il latte, cinque volte da mia zia e una volta da casa allo scuolabus. Naturalmente la sua autonomia aumenterà e vorrei che potesse andare da sola agli scout, in palestra, in biblioteca e in tanti altri luoghi. Qui però vorrei concentrarmi sul tragitto casa-scuola-casa: questo è il tema di cui si dibatte e l’andare a scuola riguarda (o dovrebbe riguardare) tutti.

Il tratto che separa casa nostra dalla scuola media è più o meno equivalente, come distanza e potenziali pericoli stradali, a quello che io ero ritenuta responsabile di poter compiere a otto anni.  Certo, i tempi e i luoghi sono diversi ma non necessariamente peggiori: mia figlia, ad esempio, potrà contare su ampi portici mentre per me anche il marciapiede era una sorta di sconosciuto, visto che ampi tratti erano occupati abusivamente dalle auto in sosta.

Comunque, torniamo alle medie. Giusto o sbagliato che fosse: ai miei tempi chi andava o tornava dalle medie “accompagnato” non era certo popolare. Insomma era una cosa da “soggetti” come dicevamo in uno slang tipico di quel tempo e di quello spazio. Il termine potrebbe essere “tradotto” in un contemporaneo bamboccione.

Ed è qui che il discorso si fa serio: il potersi muovere da soli per strada è un esercizio di autonomia e responsabilità. A che serve insistere sull’educazione stradale fin dalla scuola dell’infanzia se non si può tornare a casa da soli da scuola neppure alle medie? A me sembra un paradosso che i nostri figli possano uscire da scuola da soli solo quando possono farlo già con il motorino.

Ho la netta sensazione, che ritrovo in questi giorni nella voce autorevole di psicologi e pedagogisti, che il divieto in questione tolga qualcosa ai nostri figli, qualcosa che noi abbiamo vissuto e ci è servito a crescere. Il potersi muovere da soli è una sorta di diritto che generazioni di bambini hanno avuto sin da piccoli e che noi stiamo togliendo ai nostri figli. Ho pure il sospetto che sia un’anomalia, quasi solo, italiana: la mia amica si è trasferita in Svizzera quando suo figlio doveva iniziare la quarta elementare e le maestre l’hanno avvertita dell’abitudine degli autoctoni di mandare i bambini a scuola da soli. Abitudine peraltro caldeggiata dalle insegnanti.

Tanto per chiarire: io sono preoccupata all’idea che mia figlia inizi a muoversi da sola nello spazio urbano. Tremo all’idea che le possa capitare qualcosa e sono convinta che questa paura, forse in forme e misure diverse, abbia accompagnato e accompagnerà qualsiasi genitore. Il tutto sta nell’accettarla. In fin dei conti, quella che riguarda, il muoversi per strada è una parte, peraltro piccolissima, della paura insita nell’avere dei figli.

Ai nostri figli potrebbe capitare qualcosa e non possiamo pretendere sempre di trovare qualcuno che se ne accolli la responsabilità. Più che un rimbalzo di responsabilità a colpi di codici, norme e regolamenti, dovremmo rafforzare l’”alleanza educativa “con la scuola, ma questo è un tema troppo complicato per un post come questo.

Come mamme e papà possiamo insegnare a rispettare le regole (comprese quelle relative a semafori e strisce pedonali) e mettere in guardia contro i pericoli. Possiamo collaborare con le altre agenzie educative per rafforzare il rispetto delle regole e minimizzare, ove possibile, i rischi. Ma no, non possiamo eliminare ogni rischio.

E questa forse è anche una fortuna.

 

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