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La (sua) marcia per il clima

La (sua) marcia per il clima

Venerdì mattina ho trovato un cartello sul pavimento, accanto alla scrivania della fanciulla. Lo ha realizzato con del semplice cartoncino nero, avanzo di qualche “lavoretto”, e una matita bianca. Mi è apparso semplice e disarmante. Nel disegno tre bambini di diversa età puntano il dito contro un adulto, in piedi davanti a una fabbrica; sopra una scritta spiega che le generazioni future contano sui grandi. E così, con quel cartellone, preparato ancor pima di sapere se avrebbe potuto partecipare alla marcia per il clima, ha ottenuto di prendere parte al suo primo corteo.

Io, ho un rapporto conflittuale col tempo, col futuro, con la possibilità di cambiamento. E Forse proprio per questo, quel piccolo cartello sul pavimento del soggiorno, ha suscitato una grande tenerezza. Non so bene quanto sia realmente informata sulle questioni ambientali e neppure se e quanto creda che un grande movimento di massa, come si sta rivelando quello dei Friday for futures, possa incidere sulla politica. Eppure oggi ho desiderato che il mio scetticismo non la raggiungesse. In un baleno mi sono resa conto di un desiderio: vorrei che il mio “non cambierà mai niente” non sfiorasse mai i miei figli o, almeno, lo facesse il più tardi possibile.

Il corteo a Bologna ha coinvolto 15.000 persone. Quando l’ho incrociato ho visto tanti, tantissimi giovanissimi. C’erano molti ragazzi delle medie e un numero impressionante di studenti delle superiori. Erano tantissimi quelli che esibivano cartelli colorati uniti da un unico comun denominatore: proteggere l’ambiente, salvare il pianeta. Alcuni dei cartelli erano molti ironici, tutti venivano mostrati con un allegra spavalderia. Molti di quei ragazzini e di quelle ragazzine, come la mia ex gnoma, erano alla loro prima manifestazione, si vedeva dalle espressioni intrise di curiosità, a volte un po’ spaesate.

Qualcuno, tra i più grandi, scandiva che “Bologna è rossa non grigia” e un gruppo, probabilmente di univeristari, spiegava che “la risposta non è individuale, ma la lotta di classe contro il capitale”. Nel lungo serpentone che ha attraversato il centro e i viali, c’erano anche tanti adulti. Molti, probabilmente erano insegnanti, molti di più genitori. Alcuni “vigilavano” a debita distanza i figli, altri, semplicemente, sfilavano portandosi dietro i bambini più piccoli.

Anche a loro è andata la mia ammirazione perchè in fin dei conti per andare in piazza a far sentire la propria voce, bisogna essere degli ottimisti e credere, almeno un po’, che la propria voce possa contribuire ad un’inversione di rotta. E sicuramente li ho sentiti più vicini di quelli che insultano i ragazzi chiamandoli “gretini” e anche dei depositari delle leggi assolute della “vera mobilitazione”, pronti a puntare il dito contro una forma di protesta cresciuta anche grazie ai social media.

Ma i veri protagonisti della marcia per il clima per me restano i più giovani. E pazienza se molti ( ex gnoma compresa) indossavano maglie e felpe la cui produzione ha poco di etico. E pazienza se qualcuno aveva nello zainetto una bottiglietta di plastica e se tanti dopo hanno fattola fila per un panino di qualche multinazionale.

A pensarci bene, anche questo mettere in evidenza le contraddizioni, rischia di tradursi in un moralismo a buon mercato. Sulla base di cosa, ad esempio, possiamo escludere che un comportamento “non virtuoso” ne escluda altri virtuosi? Magari quelli con la maglia low cost girano con la borraccia e sono dei “cani da guardia” della differenziata. E quelli del panino americano non eco-friendly, vigilano davanti al lavandino perchè non vada perduta una goccia d’acqua durante il lavaggio dei denti dell’intera famiglia. E seppure tra quei ragazzi ci fosse chi non adotta nessun comportamento virtuoso, perchè escludere a priori che il sentirsi parte di un movimento non possa innescare piccoli cambiamenti quotidiani?

A pensarci ancora meglio (e tornando all’ingenuo cartello della gnoma), forse concentrarsi sui comportamenti individuali rischia di portarci fuori strada. Quei ragazzi, se ho ben compreso il senso del tanto discusso discorso di Greta Thumberg all’Onu, sono in piazza principalmente per chiedere che i “grandi”, coloro che governano, compiano scelte a favore del pianeta e della sua salute. E a quanto mi risulta, a chi governa, non si chiede di andare a fare la spesa con la sporta di stoffa o di indossare un maglione in più e abbassare di qualche grado i termosifoni. Per quanto comportamenti eco-sostenibili siano sempre auspicati, a chi detiene il potere politico si chiedono scelte di altra portata. Prima tra tutte, quella di smettere di ignorare la portata dei cambiamenti climatici e adottare le misure suggerite e auspicate dalla comunità scientifica.

Al netto di tutti i ragionamenti, io venerdì in piazza ho visto tanta del bello. Perchè l’entusiasmo e la voglia di migliorare il mondo restano di una bellezza sconcertante. Anche per chi non sa più in quale cassetto li ha chiusi.

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