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Temporali

Temporali
Temporale in arrivo

L’altra sera, mentre tornavamo a casa dalla piscina, il cielo è diventato improvvisamente grigio, quasi nero. Qualcuno sbuffava all’idea dell’acquazzone in arrivo, io sono stata colta da un’insolita allegria. Mi piacciono i temporali, quelli atmosferici intendo, di quelli metaforici, invece, ne farei volentieri a meno.

Mi piace sentire il rumore della pioggia e per quanto siano fastidiose non mi sottraggo velocemente alle gocce che cadono sul viso. Tornare a casa inzuppati non è mai comodo, eppure fatico a considerarla una “roba brutta”. I temporali portano con sè un’insensata euforia. Quella che mi fa cercare riparo sotto il portico più vicino ma fa sì che mi bagni sempre un po’.

Temporale. Pixabay

Ci sono almeno tre temporali memorabili a cui ogni tanto penso.

Il primo risale a venti anni fa e ci colse, me e i miei compagni di strada, durante il primo giorno della Rosea. Ne guadagnammo scarponi colmi d’acqua, pantaloncini inzuppati, maglioni e giubbotti da strizzare, zaini umidi per un’intera settimana e ponchi su cui si sarebbe potuto pattinare. Fu allora che, sulla soglia dei 15 anni di scautismo, mi resi conto che con quella storia del “non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento” il buon BP aveva preso una discreta svista. Alcuni la presero proprio male al punto di chiedere di tornare a casa, io ricordo con un pizzico di nostalgia le risate che ci concedemmo passata la pioggia.

Il temporale e la festa

Sotto la pioggia

Il secondo temporale, invece, risale a due o tre anni fa. Stavamo andando ad una festa di compleanno e il diluvio si riversò su di noi non appena scesi dal bus. Era una splendida giornata di inizio maggio e calzavamo quasi tutti le famose scarpe di tela con la stellina. Ovviamente, il cielo iniziò a riversare acqua in una delle poche zone di Bologna non portici-munita. Pioveva così tanto che ad un semaforo, una ragazza in auto ci offrì il suo ombrello. Rifiutammo perchè eravamo già zuppi ma il suo fu comunque un bel gesto. Bastarono i 500 metri che ci separavano dalla sala del compleanno a far sì che arrivassimo grondanti d’acqua. Fortuna volle che gli amici, arrivati prima di noi, avessero in macchina dei cambi. Io rimediai dei calzettoni di spugna grigi e una giacchina blù, un the caldo e uno spritz. Alle bimbe andò meglio e il selvaggio ancora racconta di quella volta che partecipò ad una festa in mutande ma con una felpa da orsacchiotto. Naturalmente dopo esserci asciugati i capelli con il macchinino spara araia calda del bagno. Non si dica che sono una mamma snaturata.

Durante il tragitto le fanciulle e il selvaggio borbottarono ma ancora oggi se ne ricordano. Ridono. E indugiano sotto la pioggia.

Temporale notturno

fulmini. Pixabay

Il terzo temporale non bagnò i nostri volti e neppure i nostri vestiti. I tuoni ci svegliarono nottetempo e i lampi illuminavano la stanza. Eravamo ospiti da amici, in una villa sospesa tra la campagna e il mare. Il selvaggio continuò placidamente a dormire, le fanciulle no. Non ricordo di aver mai assistito a un temporale di tali proporzioni, complice forse l’isolamento del luogo. Avete presente la scena di Frankestein Junior in cui viene pronunciata la mitica battuta “Potrebbe esser peggio… Potrebbe piovere”? Ecco! Solo che pioggia, tuoni e fulmini erano veri e sono andati avanti per almeno tre ore. Uno spettacolo!

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