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Il primo giorno di scuola. L’ultimo.

Il primo giorno di scuola. L’ultimo.

Ieri è stato il gran giorno:quello del primo giorno di scuola. A varcare la soglia della primaria è stato il piccolo di casa è dunque questo è stato il nostro ultimo primo giorno di scuola. E come ogni primo giorno è stato tinto di entusiasmo (il suo), di emozione (condivisa) e di un briciolo di malinconia (mia) che oggi si fa sentire più di ieri.

Lui, il selvaggio si è presentato al suo appuntamento con l’atteso primo giorno di scuola carico come una molla. Poi con quella sua aria dolcemente spavalda mi ha mostrato orgoglioso la scritta “16 settembre 2019” tracciata goffamente a matita sui quadretti da un centimetro del suo primo vero quaderno di scuola.

La primaria inizia dopo tre anni di scuola d’infanzia. Vero. Non è partito per il Vietnam e neppure per l’Erasmus. Vero. Eppure il primo giorno di scuola conserva un qualcosa dei vecchi riti di passaggio o, almeno, di quella transizione dall’infanzia alla fanciullezza. E forse è per questo che, quando i maestri si sono presentati in cima alla scala per accogliere i bambini di prima, ho dovuto, in fretta e furia, asciugare una lacrima. Mia, ovviamente. Senza fazzolettini, ovviamente. Perchè al terzo primo giorno di scuola ho avuto l’accortezza di non truccarmi, ma non quella di mettere in borsa almeno un pacchetto di fazzolettini. Lui, comunque, non se ne è accorto, preso com’era ad ascoltare i nomi che venivano chiamati.

Quando ha sentito il suo nome e corso per scale con lo zainetto a penzoloni sulle spalle. Se gli insegnanti non ci avessero permesso di seguire i nuovi scolari in classe, ci saremmo persi l’espressione, carica di curiosità, con cui si è accomodato al banco e con cui ha scrutato i nuovi compagni di classe. Con qualche inevitabile differenza, ho rivisto la facciotta da primo giorno di scuola delle sorelle.

La verità è che mi piacciono gli inizi, dei miei figli. Mi piace l’attesa del nuovo, la curiosità, il filo di timore. Anche stavolta,tante cose cambieranno. Al saluto dalla finestra della scuola d’infanzia si sostituirà quello più frettoloso alla fermata dello scuolabus. E tra un po’ i compiti dovranno trovare spazio nei nostri sabati. Alcune cose cambieranno gradualmente, altre in fretta. Altre ancora non cambieranno mai: i pidocchi, ad esempio. Quelli sono così affezionati che immagino torneranno presto a farci visita.

E a pensarci bene, i temuti animaletti sono l’unica cosa la cui assenza non mi avrebbe di certo provocato una struggente nostalgia. E sì! Perchè io, un pò di nostalgia gia la sento. So che mi mancheranno gli abbraci entusiasti e ancora un po’ coccolosi che mi regalava quando andavo a prenderlo alla scuola d’infanzia. E un po’, a me che rischio di non sapere che farne di queste lunghe ore senza figli in casa, mi mancherà la possibilità di portarlo a casa a fine mattinata, per tener fede a una promessa o per fargli una sorpresa

.La verità è che già mi manca la “piccolezza”.

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