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La stella di Andra e Tati (il film e una domanda a bruciapelo)

La stella di Andra e Tati (il film e una domanda a bruciapelo)

Ieri sera abbiamo visto La stella di Andra e Tati, il film d’animazione, diretto da Rosalba Vitellaro e Alessandro Belli, dedicato alla Shoah. “Non può succedere più? Vero?” mi ha chiesto il selvaggio alla fine. Avrei voluto rispondere “no” ma sarebbe stata una balla. Avrei dovuto rispondere “ci sono molti lager anche oggi” ma non credo avrebbe capito e forse neppure sarei stata in grado di spiegare. A quel “non può succedere più” mi è tornato in mente Primo Levi. Citarlo sarebbe stato prematuro.

Non so quanto lui, con i suoi 6 anni, abbia realmente capito di questo piccolo capolavoro. Sicuramente, pur con la sua delicatezza, il film ha toccato profondamnete noi e le fanciulle, che di Shoah hanno già sentito parlare a scuola e non solo.

La Stella di Andra e Tati racconta la storia delle sorelle, Alessandra e Tatiana Bucci, ebree italiane, deportate da Fiume quando avevano 4 e 6 anni. Ed è il loro punto di vista di bambine che guida lo spettatore all’interno del campo di concentramento. Strappate alla madre all’arrivo al campo le due sorelle riescono persino a trovare la forza di giocare, facendosi forza a vicenda. Assegnate alla baracca dei bambini, condividono parte del loro tempo al campo con dei coetanei tra cui il cugino Sergio. Le simpatie, e forse la compassione di una guardia del campo, fa sì che restino indietro quando il dottor Mengele chiede ai bambini “chi vuole rivedere la mamma?”, subdolo stratagemma per “scegliere i bambini” destinati ad atroci esperimenti.

Il film

Nei 28 minuti del film, l’orrore e l’atrocità dello sterminio nazista restano sullo sfondo. Gli spettatori più piccoli possono solo intuirli, ma chi conosce la storia non può che ricordarli e rabbrividire davanti alla crudeltà, alla spietatezza, all’orrore disumanamente umano e razionale di questa pagina di storia. Neppure il lieto fine cancella l’angoscia perchè conduce inesorabilmente a chi dai campi di sterminio non è mai tornato.

La figura della madre è struggente ed è quasi impossibile immaginare la forza e il dolore che deve aver provato, così come quello delle madri e dei padri che hanno varcato i cancelli dei campi di concentramento nazisti, sapendo di non poter sottrarre i propri figli a tale orrore.

La Memoria

Il racconto della vicenda delle due bambine è intervallato da quello di una visita di una scolaresca ad Auschwitz, scene in cui spicca la figura di un ragazzino scettico e prepotente. Non si tratta di un parallelismo tra bullismo e nazismo quanto di un invito a riflettere su quanto i luoghi della memoria possano aiutare a ricordare e a non cedere all’odio, alla sopraffazione, all’indifferenza.

Dolce, delicato, evocativo, il film si conclude con le immagini delle sorelle Bucci che accompagnano gli studenti ad Auschwitz. Realizzato in collaborazione Rai Ragazzi e Miur, il film, in questi giorni a ridosso della Giornata della Memoria è disponibile gratuitamente su Rai Play.

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