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I racconti dei campi scout (edizione 2020)

I racconti dei campi scout (edizione 2020)

I racconti dei campi scout sono sconnessi. Non ci fossi stata dentro per vent’anni difficilmente capirei qualcosa di quel che raccontano. Ad incasinare i racconti ci sono anzitutto le sigle e le abbreviazioni: tl, sq, cambu..e via dicendo. Termini incomprensibili per i comuni mortali, a cui andrebbe fornito un apposito dizionario.

Alle sigle si aggiungono i nomi. Quando raccontano qualcosa di un campo o di un’uscita, le ragazze sono in grado di far precedere dodici nomi propri ad un verbo in prima persona singolare. E non credo sia smania di elencare o paura di dimenticare qualcuno. Immagino sia qualcosa che ha a che fare con quello stare e fare insieme che si sperimenta ad ogni vdc o vdb (vacanze di cerchio- vacanze di branco ndr) e ad ogni campo estivo.

Ma non sono le sigle o i nomi a rendere i racconti dei campi scout più disordinati ( ed è tutto dire) degli zaini depositati in corridoio. Credo, piuttosto, che il principale responsabile di quei racconti sia un mix perfetto di stanchezza e felicità. Si, sono stanchezza e felicità insieme a far sì che l’entusiasmo prenda il sopravvento su un’ordinata organizzazione del discorso. Bisogna raccontare tutto, prima di crollare.

Accade così ogni anno ed è accaduto anche in questo 2020, di attività a distanza, in cui le vacanze di cerchio e il campo estivo di reparto, il primo a dirla tutta, sono arivati come regali tanto desiderati ma non scontati.

E allora, tra una frase con quattro sigle e una con dieci nomi propri hanno preso forma scene consuete, eppure sempre nuove. In quei racconti sconnessi c’erano tende con pali in più o in meno, rospi in visita mattutina, giochi notturni finiti troppo presto, legature che hanno retto non si sa come e partite a scoutball a cui la mascherina sembra non aver tolto nulla.

E come ogni anno ho accolto quei racconti con gioia e gratitudine. Vedere i propri figli felici per qualcosa che in passato ti ha reso felice è sempre emozionante. Quest’anno lo è stato un po’ di più. I protocolli anticovid hanno sicuramente richiesto ai capi un surplus di impegno, se non altro per immaginare e costruire campi “diversi” , senza qualcosa forse, ma non incompleti.

E allora grazie! Grazie per la felicità che traspare dai racconti sconnessi. Grazie per il desiderio di nuove avventure lasciate da questi campi nonostante (ma anche grazie a ) mascherine, distanziamento e gel igienizzante. Grazie!

5 pensieri su “I racconti dei campi scout (edizione 2020)

  1. Sai, da ragazzina anche io ho desiderato tanto far parte di un gruppo scout, purtroppo non è stato possibile, ma spero che un domani i miei figli potranno farlo. Ho sempre letto quella felicità, mista a scoperta e voglia di fare, negli occhi di chi ne faceva parte e mi è sempre tanto piaciuto!
    Valentina

  2. Purtroppo non ho fatto questo tipo di esperienza. Tuttavia se dovessi avere dei figli, mi piacerebbe che mi raccontassero le emozioni legate ai campi (se dovessero far parte degli scout), le loro aspettative attese o disattese, i sogni.
    Maria Domenica

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