Stella va in prima
La telefonata è arrivata mentre era in classe e sperava ardentemente che la maestra di matematica non le chiedesse di spiegare a qualcuno le divisioni con divisore e dividendo decimali. Allo squillo del telefono, Stella, la mia amica neo-maestra, è diventata di tutti i colori, ha frugato in borsa alla ricerca del telefono che, ovviamente, dovendo essere trovato in fretta si era infilato nell’angolo più remoto e inaccessibile della suddetta borsa.
L’idea iniziale era quella di rifiutare la chiamata ma la vista del numero registrato come “segreteria” l’ha convinta ad un cambio di programma. “Appena finisce dovrebbe passare dalla dirigente” ha comunicato la voce all’altro capo del filo.
Stella ha visto materializzarsi davanti ai suoi occhi tutti i possibili errori dei suoi primi tre mesi di scuola. A cosa era dovuta quell’inaspettata e insolita convocazione? Distribuzione di mascherine con dieci minuti di ritardo rispetto alla tabella di marcia? Un acuto troppo acuto nel richiamare all’ordine un gruppo di scalmanati? Un errore nel rispetto della svizzerissima tabella di uscita, imposta dalla pandemia?
O peggio: un errore nella classificazione dei complementi? (Mannaggia mannagina, nonostante la contrarietà della sua prof di storia della lingua italiana, gli allegri complementi sembravano moltiplicarsi di anno in anno e di grammatica in grammatica, rendendo l’analisi logica più complicata della matematica pura per uno storico). Oppure la reprimenda in arrivo era legata all’aver incautamente usato la parola “sostantivo “ invece di “nome comune di cosa”?
No! La causa della telefonata doveva essere, senza ombra di dubbio, l’aver chiamato “GI” la G davanti ai bambini di seconda. Si ma anche se fosse stato questo, in che modo la notizia poteva essere giunta fino alle alte stanze?
E così lacerata dai dubbi e con qualche ipotesi di giustificazione in testa, Stella si è presentata in presidenza (ops, nell’ufficio della dirigente).
“Buonasera! Le volevo dire che da lunedì è stata assegnata alla prima X. Sostituirà la maestra di italiano che si assenterà fino alla fine dell’anno”.
Panico! Gelo!
Stella avrebbe voluto blaterare qualcosa. Mentalmente ha litigato con l’amica che le aveva consigliato di iscriversi in graduatoria (“tanto non ci chiameranno mai”) e pure con la corte (Cassazione?) che con una sentenza aveva applicato l’etichetta “abilitante” al suo diploma.
“Sono una neofita tardiva” ha sussurrato la mia amica, in un momento di sincerità mista a sconforto. Proprio in quel momento nella stanza è entrata una seconda persona: la collega che aveva avuto l’idea di indicare il suo nome per quella supplenza. “Stai tranquilla! Gli strumenti li hai!” ha sentenziato, rinfrancando umore e autostima della neo-maestra.
E così Stella è tornata a casa con un gran peso sulle spalle: la responsabilità immensa, gigantesca, di essere coinvolta, in maniera ancora più impegnativa e diretta, in quel complesso sistema che permette ai bambini di godere di uno dei più preziosi diritti costituzionali: il diritto all’istruzione. E per giunta, nella fase delicatissima, dell’avvio alla letto-scrittura, quello in cui oltre alle competenze non si può tralasciare di far amare la scuola e generare curiosità.
Convinta che la sua esperienza non avrebbe superato la prima settimana, Stella ha iniziato a carpire consigli a destra e a manca, studiare quaderni, gentilmente offerti dalle colleghe.
Il lunedì è entrata in classe col batticuore e con un programma ambizioso: imparare i nomi dei bambini e farsi “spiegare” tutte le lettere studiate fino a quel momento. Scritte le lettere, rigorosamente in stampato maiuscolo, ha chiesto una parola per ogni lettera e proposto un dettato di parole. Sbagliando tutti i nomi.
Due giorni dopo, confondeva solo due nomi (simili a dire il vero), aveva introdotto una nuova lettera. Come “captatio benevolente” aveva giocato la doppia carta di un gioco incolla sillabe e della costruzione-decorazione di mascherine carnevalesche in un anno di feste vietate. In quel terzo giorno, sul comodino aveva accumulato 170 euro di libri di didattica, divenendo di punto in bianco una foraggiatrice della maggiore casa editrice del settore.
Le prime due settimane sono passate ma ovviamente non poteva filare tutto liscio. Rincuorata dai primi giorni la mia amica aveva accettato l’idea di incappare in qualche inevitabile errore, ma i contagi le hanno fatto uno sgambetto, spedendo lei e tutte le scuole della città in Dad (pardon ddi).
La pandemia, però, ha dato il tempo ai suoi piccoli alunni di omaggiarla di tanti disegni, tra cui alcuni ritratti proprio ben riusciti. Dubito di riuscire a sentirla nei prossimi giorni, presa com’è dal cercare di avere la meglio su tutti, o almeno parte, degli strumenti di Classroom.
Che bello leggere di una maestra “spaventata” perché vuol dire che ci tieni. Che bello leggere la responsabilità che senti ed è altrettanto bello leggere la tua passione ed impegno.
C’è chi non ha più paura certi del posto fisso, senza più sentire quel peso dato da una responsabilità grandissima, senza più la voglia di scoprire, di imparare e di trasmettere passione e curiosità.
Riferisco! Stella sarà lusingata da queste parole