Adolescenza e pandemia
“L’adolescenza ai tempi della pandemia”. La locandina dell’incontro online, promosso dalla scuola media frequentata dalle fanciulle, era appesa al frigo da diversi giorni. L’ho vista mentre prendevo una carota. Mancavano 5 minuti all’inizio. Giusto il tempo di accendere il pc, tritare la carota e mi sono ritrovata, insieme a tanti altri genitori, davanti ad uno schermo a cercare di capire un po’ meglio quello che sta succedendo anche a casa mia.
L’incontro, condotto, da Anna Giorgia Agostini, psicologa e psicoterapeuta, mi ha permesso di guardare dall’esterno alcune dinamiche familiari dell’ultimo anno. Non ho ricevuta nessuna illuminazione, nessuna rivelazione ma tanti spunti per ripensare il vissuto di questi mesi.
Quelli che seguono, sono appunti sparsi. Tra i vizi che non perdo, infatti, c’è quello di prendere appunti e provare a metterli in ordine.
Adolescenza e inedito
Adulti e adolescenti nell’ultimo anno – ha spiegato la psicologa – si sono ritrovati a vivere, insieme, una situazione inedita. Tutti siamo stati catapultati in un tempo sospeso, un tempo segnato da confusione e paura. Adolescenti e preadolescenti si sono ritrovati a vivere in questo tempo un periodo particolare della loro vita, fisiologicamente trasformativo.
Adolescenza e preadolescenza si caratterizzano per cambiamenti corporei, evoluzione nei processi di pensiero e nelle relazioni con i coetanei e gli adulti di riferimento, genitori e insegnanti in primis. Questi cambiamenti, di per sé impegnativi per chi li vive, sono stati vissuti in un contesto segnato da un cambiamento, da un inedito, che ha investito l’intera società.
Adolescenza e lockdown
L’adolescenza è un periodo di fisiologico allontanamento dalle mura domestiche, un periodo di scoperta e sperimentazione d’autonomia. Il lockdown della scorsa primavera ha troncato, a volte sul nascere, le prime uscite con gli amici e tanti altri esercizi di autonomia richiesti dalla scuola, dallo sport e dalle altre esperienze extrascolastiche.
Inizialmente – ha raccontato la psicoterapeuta – gli adolescenti hanno fronteggiato il confinamento con un ricorso massiccio alla tecnologia, mostrandosi, spesso, più attrezzati degli adulti. L’aiuto della tecnologia, però, non ha impedito alla routine di essere profondamente modificata. Adolescenti e preadolescenti sono stati privati della socialità in presenza. “I corpi sono stati i grandi esclusi dalla pandemia”.
Adolescenza, scuola e famiglia
Scuola e adolescenza sono profondamente legate. La scuola è luogo di apprendimenti ma anche spazio di socialità e di “scambio di mondi”. La scuola è italiano, storia, matematica, scienze, geografia ma anche tanto altro. E questo tanto altro si è ridotto. Si è ridotto il tempo delle chiacchiere in cortile e quello del percorso casa-scuola. L’esperienza del gruppo, “il sentirsi parte” è mediato dalla rete.
Scuola, amici, sport permettono all’adolescente di proiettarsi, con maggiore intensità rispetto all’infanzia, verso l’esterno, in una dimensione altra rispetto a quella familiare. La pandemia ha costretto gli adolescenti all’interno delle mura domestiche. Le dinamiche familiari sono cambiate ma questa condivisione prolungata degli spazi non fa parte delle nostre abitudini e genera conflitti.
Stare a casa può essere faticoso. Spesso non ci sono margini di negoziazione: le regole non sono dettate dai genitori e lo spazio di negoziazione è ridotto al minimo se non inesistente. Il desiderio di una socialità esterna può sfociare nella trasgressione delle regole.
Altre volte, invece, accade il contrario: più si sta a casa, meno si avverte il desiderio di uscire. Stare a casa ha richiesto agli adolescenti un grande spirito di adattamento ma non va sottovalutato il rischio che sconfini nel ritiro.
Adolescenza, pandemia e “normalità”
Nel primo periodo – ha raccontato l’esperta – adulti e ragazzi hanno inseguito la speranza, a volte l’illusione, che le cose avrebbero ripreso rapidamente il loro corso: qualche mese e le vite sarebbero tornate alla normalità. Questa speranza, però, si è scontrata con la realtà: dopo la “quasi normalità” estiva è stato necessario fare i conti con nuove limitazioni, fino alla seconda sospensione delle lezioni in presenza.
La scorsa primavera, la maggior parte di noi adulti – questo il ragionamento proposto – è stata impegnata a gestire l’emergenza, a elaborare una nuova, per quanto, stravolta quotidianità. In molti casi, questo non ha lasciato il tempo per riflettere su quanto stava accadendo, sulle emozioni e le difficoltà.
Oggi le nostre nuove quotidianità sono più rodate, abbiamo maggiore dimestichezza con le piattaforme digitali, ma la stanchezza si fa sentire con più forza. Immaginare il futuro, per molti, è diventato più difficile
Tempo sospeso, emozioni e parole
Dubbi, emozioni, paure abitano i nostri appartamenti ma non sempre si dispone di tempo e risorse per farli emergere e trasformarli in parole.
Dare parola alle emozioni può essere uno strumento per dare un senso al tempo sospeso in cui viviamo. Poter parlare delle paure, delle fatiche, delle preoccupazioni vissute può essere un esercizio utile a tutti, adulti e ragazzi.
Il dar voce agli aspetti negativi di questa esperienza condivisa può contribuire a far sì che non si ingigantiscano. Parlare delle paure può renderle meno mostruose. Può far scoprire a ciascuno che “la sua paura” non è solo sua.
Parlarne apertamente può essere difficile? Certamente, ma libri, film, serie televisive possono venirci in soccorso. I personaggi amati dai nostri adolescenti possono dar voce alle loro emozioni, parlare per loro e per noi in terza persona.
I personaggi di carta o di pixel che hanno tenuto compagnia ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze in questi lunghi mesi possono aiutarci anche a parlare di un altro grande escluso: il futuro. La difficoltà a vedere e immaginare il futuro, l’appiattimento sul presente può essere fonte di disagio e atteggiamenti depressivi.
Adolescenza, oltre i luoghi comuni
Probabilmente, questi miei appunti sono pieni di lacune. Potrei aver compreso male o non del tutto alcuni dei passaggi. Partecipare all’incontro è stato comunque utile e piacevole.
C’è un aspetto, soprattutto, che mi ha colpita positivamente. Eroi e pappamolle non sono mai stati nominati. Per due ore, nessuno, ha fatto cenno alle due narrazioni contrapposte in cui si vogliono confinare i giovanissimi.