Route invernale
Sono passati due mesi dalla route invernale. L’acido lattico in eccesso ha abbandonato cosce, glutei e gambe in poco più di 48 ore, sensazioni e emozioni, invece, sopravvivono e possono essere facilmente richiamate alla memoria.
La mia prima route da maestra dei novizi boomer non è iniziata nel migliore dei modi possibili. La mia meridionalissima paura del freddo mi ha spinto a intraprendere la salita con qualche strato di troppo, classico errore da “gente di mare” in trasferta tra le cime innevate. Eliminato qualche strato, comunque, fisico e morale si sono immediatamente ripresi e l’avventura è incominciata.
Se raggiungere il primo rifugio non è stato difficile, non altrettanto si può dire del secondo. Zaini in spalla abbiamo camminato per sei ore, alcune con le con la neve a mezza gamba, stile Popoff. E tra una caduta, uno scivolone e una litigata con le ghette, si è manifestata la magia: quel clima che non assaporavo da anni e che, volenti o nolenti, si presenta puntuale in route. Stupisce chi lo vive per la prima volta e rincuora chi lo ha già sperimentato, che non di rado arriva a stupirsi del suo stesso stupore.
La strada insegna la strada, crea o rinforza la comunità, ti fa persino ridere dei guai. Lungo la strada si condivide fatica e cioccolata, discorsi scemi strappa sorrisi e perché profondi. In strada si fa esperienza, ci si ritrova nei panni del viandante bisognoso d’aiuto e in quello del buon samaritano che l’aiuto lo offre. Talvolta a distanza di poche ore, talvolta contemporaneamente. E senza paroloni o ragionamenti. Si tende la mano, si chiacchiera per allontanare la fatica e esorcizzare la paura di non farcela, si rallenta, si regala una risata.
La strada continua anche quando, a sera, ci si siede intorno a un tavolo o a un fuoco, ognuno un po’ diverso rispetto a prima. I silenzi pesano meno, l’allegria è più sincera. Condividere è più semplice. Ogni disavventura mostra anche il suo lato positivo, piccolo o grande che sia.
La route rivela se stessa e non importa che lo faccia lentamente o di colpo. Tira fuori il meglio di ciascuno e ti obbliga a guardare gli altri con occhi nuovi. Forse queste sono solo considerazioni un po’ patetiche di chi non si metteva uno zaino sulle spalle da 15 anni ma che, a distanza di due mesi, è felice e grata di aver contribuito a regalare un’esperienza ricca e intensa ai suoi “noviz”.
E non importa quanto durerà questa nuova avventura, l’importante sarà viverla a pieno, come, ancora una volta, mi ha insegnato la strada.