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Il percorso di Giacomo…

Il percorso di Giacomo…

Mentre leggevo i giornali sono incappata in una storia, anzi nell’intreccio di due storie,che mi ha lasciato senza fiato.  Si tratta di una storia letta tra le pagine di cronaca locale del Resto del Carlino: quella di una mamma che ha partorito la sua bambina, sapendo che la vita le avrebbe concesso poco, pochissimo tempo, minuti, forse ore. Una madre, di fede musulmana, che è stata accompagnata in questo percorso dai medici e dalle ostetriche del policlinico Sant’Orsola. La piccola, affetta da anencefalia, è morta durante il parto ma la madre ha visto esaudito il desiderio di poterla tenere tra le braccia. La bimba è stata vestita di rosa ed avvolta nella copertina donata dall’associazione Cuore di Maglia, che ha realizzato, come fa dal 2008,  anche la cuffietta e le scarpine fatte indossare alla bimba. La sua mamma, oltre al ricordo indelebile della sua bambina, custodirà le impronte delle sue manine e una memory box che potrà aiutarla nell’elaborazione del lutto.

Quella che ho letto però, è anche la storia di un incontro: quello tra questa madre e la mamma di Giacomo, un bambino, affetto dalla stessa malformazione incompatibile con la vita. Giacomo, nato nel 2013 è vissuto poco più di 19 ore. Ore trascorse in una stanza del policlinico bolognese insieme ai genitori e ai due fratelli più grandi. Ore preziose che hanno portato all’elaborazione del Percorso Giacomo, un percorso di cura rivolto ai neonati terminali e affetti da gravi patologie. Un percorso di cura ispirato al comfort care “ideato” e sperimentato dalla neonatologa Elvira Parravicini della Columbia University. Un approccio che permette ai familiari e ai neonati di poter stare insieme.

Tra le righe appaiono due madri e due famiglie che hanno accolto la vita nonostante sapessero che presto sarebbe scivolata nella morte, un’ accoglienza che è stata supportata e accompagnata dai medici e delle ostetriche che hanno incrociato le loro strade. 

Da credente non posso non vedere nelle storie di queste due madri, una cattolica e l’altra musulmana, una testimonianza di fede. Ma è un altro il motivo che mi ha spinto a ripercorrere qui le loro storie: la grandezza di un dolore che si trasforma in condivisione e in una speranza per chi si troverà a percorrere gli stessi impervi sentieri. Grandezza che anche io, seppur in circostanze diverse, ho avuto la fortuna di sperimentare. 

 

 

 

 

Foto pixabay.com

 

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